Nelle pagine emerge via via, dopo una prima fase di sconcerto, una fede genuina, giocata in ogni circostanza della vita carceraria: il rapporto col secondino o con un altro condannato, con un bambino muto e con una ragazza che gli porta il caffè…
Il libro termina così: Chi mai, chi mai potrebbe descrivere la consolazione del mio cuore e de' cuori a me diletti, quando rividi e riabbracciai padre, madre, fratelli? [...] Ah! delle passate sciagure e della contentezza presente, come di tutto il bene ed il male che mi sarà serbato, sia benedetta la Provvidenza, della quale gli uomini, e le cose, si voglia o non si voglia, sono mirabili stromenti ch'ella sa adoprare a fini degni di sè.
Si può dire che questa storia di Silvio Pellico sia una "perla" trovata nel campo nella letteratura dimenticata.