«Qual è la cosa più difficile da accettare?» mi domandò una volta a bruciapelo don Giussani. Mentre balbettavo qualcosa, lui rispose: «Che la vita è un cammino, con tempi e fatti non stabiliti da noi». Credo sia proprio per questo che una delle cose che mi fanno più compagnia nella vita sono le biografie, dove la mia quotidiana impazienza si placa nella certezza che il tempo collabora ad un disegno buono. La vicenda biografica di Marija Judina ha segnato per me questi mesi: in essa viene offerta al pubblico italiano la storia, sconosciuta ai più, di quella che è considerata la più grande pianista russa. «L’esperienza della musica è uno squarcio che si apre su un altro mondo, su una realtà più grande, sulla realtà: la Grazia di Dio». Ed ascoltandola suonare - al libro è allegato un cd - uno è trascinato nella sua straordinaria esperienza artistica. Ma come recita il sottotitolo, il libro racconta più della musica. Racconta la vicenda di una donna la cui storia si intreccia con quella della Russia del Novecento: la Judina, nata nel 1899, sarà testimone inizialmente entusiasta della Rivoluzione del ’17, vivrà con sgomento gli anni della guerra civile, preludio del terrore dell’epoca staliniana e degli orrori della Seconda Guerra mondiale. La sua vita si incrocia con quella delle grandi personalità della cultura russa del Novecento, Florenskij, Pasternak, Solgenitsin, Padre Men’, Prokofiev e con altre vite, meno famose per noi, ma incontri decisivi per lei. Nata in una famiglia ebrea, il 2 maggio 1919 riceverà il Battesimo. E sarà la fede a dettare lo sguardo alla vita, per lei e per gli amici che accompagnarono la sua conversione.
«La nostra giovinezza aveva le ali ai piedi, si nutriva di gratuità, povertà, del rombo lontano della guerra civile che divampava in altre regioni del nostro Paese - e, se vogliamo, di romanticismo, di uno sguardo convinto e organico, carico di ideali, attraverso cui guardavamo a persone ed avvenimenti, e ci guardavamo gli uni gli altri; al centro, per tutti e per ognuno c’era la ricerca della verità... Non ci interessava la tranquillità, non ci importava sistemarci o mettere da parte qualcosa». E sarà la fede a renderla libera dentro le circostanze durissime della sua vita.
C’è un episodio che la scolpisce per sempre. Nel 1943 Stalin ascolta alla radio il Concerto K488 di Mozart eseguito dalla Judina. Ne resta così colpito da chiederne immediatamente il disco. Ma il disco non esiste perché si tratta di una diretta, effettuata negli studi della radio di Mosca dalla pianista perseguitata dal regime. La Judina è convocata d’urgenza, l’orchestra è pronta, in una notte la registrazione è fatta, il disco confezionato e recapitato all’imprevisto ammiratore. Stalin fa avere alla Judina ventimila rubli, una cifra strepitosa. La Judina risponde con un biglietto: «La ringrazio. Pregherò giorno e notte per Lei e chiederò al Signore che perdoni i Suoi gravi peccati contro il popolo e la nazione. Dio è misericordioso, La perdonerà. I soldi li devolverò per i restauri della chiesa in cui vado».
Shostakovich racconta che quando nel 1953 troveranno Stalin morto nella sua dacia, sul grammofono c’era il disco della Judina. C’è una verità, una bellezza che travolge anche il cuore più duro. Anche il mio, leggendo la sua storia e ascoltando la sua musica.