1)abbiamo ascoltato fatti, storie raccontate da persone impegnate nella realtà piuttosto che giudizi e opinioni. Le vicende umane sono più affascinanti ed educative delle analisi, gli avvenimenti più “stringenti” dei pensieri e delle ipotesi.
2)Molti dei relatori e anche tanti uditori non provenivano da Recanati. È questo il segno che il Péguy è radicato in un territorio più vasto del mero ambito cittadino. Questo in relazione al fatto che chi è venuto agli incontri serali l’ha fatto per invito personale; la manifestazione infatti non è stata pubblicizzata con manifesti murali o battage pubblicitario. È questa una buona notizia che qualifica ulteriormente l’associazione leopardiana oggi che annovera 250 soci e un bilancio di tutto rispetto se riferito ad una no profit culturale.
3)Da capitani d’impresa emerge ulteriormente che il problema della nostra società è un problema educativo. Luigi Giussani ne Il rischio educativo ben evidenzia questa emergenza e scrive il suo libro alla fine degli anni sessanta. Oggi parlare di emergenza educativa non fa più specie. Tutti citano la questione! Ma l’educazione è anche responsabilità. Ognuno nel proprio ambito educa ed è educato. Questo è stato evidente nelle testimonianze dei manager, degli imprenditori e dei giornalisti invitati dal Péguy.
Capitani d’impresa è stato allora un vero evento educativo. Commoventi le storie di Max di Paolo della Compagnia delle Opere e di Francesco Conocchioli della R.G.E. srl. Due persone semplici ma con un cuore vivo. Fatti apparentemente banali, ordinari, ma che il tempo qualifica come decisivi, quelli narrati dai giornalisti nell’ultimo pomeriggio di programmazione. Storie segnate dal sacrificio quelle raccontate da Graziano Perna dell’omonimo pastificio e da Paolo Trucchia direttore della Comelit spa. Vicende piene di umanità quelle di Pascucci e Baldeschi che hanno aperto il ciclo d’incontri. Evviva “capitani d’impresa”.